PISTOIASETTE

Emergenza Covid-19 e vivaismo: una riflessione di Francesco Mati, presidente del Distretto Rurale Vivaistico Ornamentale di Pistoia

  • CRONACA
  • 19:50, 18/03/20
  • di Giulia Baglini

L’emergenza sanitaria da Covid-19 ha provocato numerose conseguenze negative sull’economia mondiale e ha costretto imprenditori di tutto il mondo a riconsiderare le loro priorità.

A Pistoia, sede del più grande polo vivaistico europeo, più di 1400 aziende stanno vivendo in un clima di grave incertezza, cercando comunque di portare avanti la produzione.

Su questo tema abbiamo raccolto le riflessioni di Francesco Mati, presidente del Distretto Rurale Vivaistico Ornamentale di Pistoia. In virtù di questo ruolo, Mati si pone in costante contatto con le istituzioni regionali e nazionali per stimolare azioni a favore delle aziende floro-vivaistiche pistoiesi.

 

Cosa è necessario fare per sostenere il settore del verde a Pistoia, alla luce di una situazione economica dagli effetti ancora non misurabili?

Nella giornata di martedì ho inviato alla regione Toscana  e al Ministero delle Politiche Agricole e Forestali un testo dove si chiedono delle misure a sostegno dell’immediato, che permettano alle aziende di continuare a far lavorare gli addetti in un momento in cui le attività lavorative nei vivai sono ai massimi livelli.

Il virus è infatti esploso in Italia nel momento in cui il settore florovivaistico fa il maggior volume di attività, quando si comincia a pensare al giardino e si festeggiano le ricorrenze come la Giornata Internazionale della Donna l’8 Marzo, San Giuseppe il 19 Marzo e la Santa Pasqua. Tutto questa movimenta grandi quantità di prodotto, con costi, che a condizioni normali, vengono compensati da una vendita: nei mesi da febbraio a maggio si realizza il fatturato di un anno e si sopperisce anche al volume dei costi non indifferenti che dobbiamo sostenere fino a giugno.

Purtroppo, con l’emergenza Covid-19 i prodotti floro-vivaistici italiani sono stati respinti alle frontiere d’Europa, sia in ingresso sia in uscita. Il fatto che il vivaismo negli ultimi anni sia cresciuto da un punto di vista delle esportazioni è stato un bellissimo vantaggio, ma è stato quasi azzerato da questa limitazione alla circolazione internazionale delle merci, che ha messo molte aziende in difficoltà.

Tuttavia, la produzione florovivaistica non può essere sospesa come un’attività produttiva di tipo artigianale o industriale, perché le piante sono come degli esseri viventi e necessitano di cure quotidiane. Noi in questo momento, ci stiamo prendendo cura come sempre delle nostre piante, perché è il nostro lavoro e lo è da 170 anni, però non le possiamo vendere o ne vendiamo pochissime.

Tutto questo si traduce in spese non coperte da ricavi. In questo momento bisogna mettere in campo degli strumenti che permettano alle aziende di poter mantenere l'attività lavorativa all'interno della produzione, per evitare quello che sta succedendo nel campo floricolo: ho avuto notizia di un imprenditore floricolo siciliano che in una settimana è stato costretto a buttare via 14 milioni di euro di fiori recisi.

Riassumendo, le problematiche che stiamo affrontando sono: l’arresto delle vendite proprio nel periodo in cui ci sarebbero i maggiori ricavi, periodo trascorso il quale una grande percentuale delle produzioni non sarà più vendibile e rischierà di andare al macero; l’impossibilità di inviare merci a causa dei trasportatori internazionali non disponibili; l’erogazione di stipendi, contributi, imposte, il versamento dell’IVA;  mutui, cambiali agrarie, leasing, finanziamenti legati all'attività lavorativa.

Nell’immediato sarebbe quindi utile una cassa speciale a sostegno di quelle aziende e di quelle categorie che non possono interrompere la produzione.

La manovra presente nel decreto CuraItalia è qualcosa di assolutamente inedito per la situazione eccezionale che stiamo vivendo. La reputo una buona manovra, che però andrà integrata da tutta una serie di altri provvedimenti.

Quali dovrebbero essere queste misure ulteriori?

Sarebbero necessari provvedimenti straordinari che permettano alle aziende di sopravvivere dopo tutto questo, misure altrettanto straordinarie di finanziamento a fondo perduto per favorire chi ha fatto investimenti negli ultimi due tre anni, iniezioni di liquidità utili a recuperare il fatturato perduto. Quando tutto questo sarà passato, alle aziende resteranno pressoché invariati i costi di produzione con una ingente riduzione del fatturato.

Sono indispensabili politiche di promozione della qualità delle piante prodotte in Toscana come viene fatto per tanti altri settori dell’agroalimentare. La Regione Toscana, che ospita il più grande distretto vivaistico d'Europa, dovrebbe poi mettersi in prima fila in un battaglia per estendere l'unico incentivo fiscale sul verde previsto dalla normativa nazionale (il Bonus Verde) portandolo dall'attuale 36% al 100% su un massimale maggiore di 5.000 €. Sarebbe una misura fondamentale per rilanciare il mercato interno e per promuovere una vera cultura della sostenibilità.


Cosa sta insegnando questa emergenza e cosa può cambiare nel nostro modo di vivere e di interagire?

Credo che niente come questo virus stia portando a galla tutti i limiti della nostra civiltà contemporanea. Credo che alla fine di tutta questa incredibile disavventura mondiale, vadano anche fatte delle riflessioni in termini filosofici. Bisognerà riconsiderare tante scelte fatte nel passato: sull'ambiente, sulla produzione, sulla circolazione delle merci, sulla proprietà intellettuale.

Abbiamo davanti uno scenario mondiale a cui nessuno era preparato. Il mondo che conosciamo da venti anni, ossia dall'avvento di internet, si sta fermando, l'intera economia mondiale si sta sgonfiando, appare logico che nessuna delle misure macroeconomiche conosciute potrà essere risolutiva. Occorre iniziare a pensare a queste manovre, anche a nuove politiche commerciali e sui controlli delle merci. Per anni sono entrate in Europa malattie delle piante molto pericolose, come il Cinipide del castagno, la Xylella, il punteruolo rosso o il tarlo asiatico. Questo perché per accordi commerciali internazionali le merci in ingresso in Europa non andavano fermate con controlli capillari (come fanno per esempio negli USA, in Cina e in Australia). Dopo alcuni episodi di malattie vegetali da quarantena in Italia, con danni per milioni di euro, due anni fa chiesi al Servizio Fitosanitario Nazionale di fare qualcosa e la risposta fu precisamente questa: "Rinegoziare gli accordi commerciali con la Cina? Impossibile, le merci che arrivano in Europa, nel momento in cui attraccano nelle grandi navi cargo, entro un'ora devono essere su gomma o su rotaia”.

Ecco, io invece penso che sia più importante per la nostra tranquillità e per la nostra sicurezza, non la velocità con cui arriva una merce, ma il controllo fitosanitario che questa merce dovrebbe sempre ricevere.

Bisognerà anche rivedere tutta una serie di parametri che si sono accresciuti anche grazie a Internet e alla globalizzazione e credo che dovremmo anche ritornare a considerare in maniera maggiore un'economia su scala locale: è assurdo che in Spagna si vendano piante olandesi, in Olanda si vendano piante italiane o ancora che in Italia si vendano piante coltivate in Italia, ma anche in Turchia, in Romania o in altri paesi.

Da un punto di vista di consumi, siamo stati un paese autarchico per secoli. Anzi, siamo stati conquistati da grandi potenze internazionali proprio perché siamo un paese ricco di acqua, di ferro, di metalli, di legno, di materie prime, di risorse naturali, di bellezze, di un clima favorevole. Ciò considerato, un minimo di autarchia e anche un minimo di autovalorizzazione, male non ci farebbero.

 

Cosa si sente di dire al settore vivaistico pistoiese e anche agli altri distretti del verde in giro per l’Italia?

Voglio rassicurare tutto il settore vivaistico che stiamo facendo tutto il possibile.

Io sono costantemente in contatto con il Mipaaf, che proprio stamani (mercoledì 18 marzo, ndr) ci ha rassicurato sulla disposizione di “misure compensative mirate” e sul fatto che “nulla andrà perduto né in termini di sostegno immediato né in termini di prospettiva per le aziende del settore”. Sono costantemente in contatto con tutti i colleghi a livello nazionale per ascoltare le loro richieste. Altri distretti mi chiamano per chiedermi cosa possiamo fare  e io sto cercando di informarli e di fare il possibile insieme a loro. Quindi, non ci facciamo prendere dal panico: a piccoli passi sono convinto che ne usciremo. E ne usciremo migliorati.

 

Giulia Baglini

 

 

 

Giulia Baglini

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