Se nel'68, nelle sale cinematografiche debuttava uno dei capolavori indiscussi del geniale Kubrick "2001 Odissea nello spazio", nel corrente anno 2024, sembra che la realtà abbia di gran lunga surclassato la fantasia. Un comune cittadino che deve sottoporsi a visite mediche di controlli programmati piuttosto ad un intervento chirurgico, anche in Day Hospital, è sottoposto, oltre alla lista di analisi concernenti la pre ospedalizzazione ad una nuova variazione sul tema frutto dell'era post Covid. Mentre gli approfondimenti specialistici, nonostante le lunghe liste di attesa, se fissati direttamente dall' Azienda Sanitaria risultano precisi e tempestivi così come il personale, quelli al carico del paziente una questione di lana caprina che si dipana nella rete della burocrazia. Viene richiesto, per l'accesso nella struttura ospedaliera, obbligatoriamente, un test antigenico covid certificato, ovvero firmato dal medico che lo esegue. Potrebbe essere discutibile o meno questa richiesta con un'emergenza pandemica esaurita ma non è questo il fulcro, piuttosto la certificazione; proprio perché l'urgenza è terminata, molte farmacie non offrono più quel tipo di servizio e con un semplice test non autenticato non viene garantito l'accesso all'ospedale. Dunque, nascono spontaneamente alcune riflessioni: se la stessa farmacia non adotta più tale pratica, sarebbe opportuno e ragionevole accantonarla o sostituirla con un "semplice" test non certificato? Ricordiamo tutti che con tale iter alcuni italiani avevano garantito l'accesso al lavoro, dando per certa così una sostenuta validità. In un momento storico come questo nel quale quotidianamente subiamo lunghe liste di attesa, personale sanitario insufficiente, così come medici della mutua, tanto che, chi se lo può permettere si rivolge alla sanità privata, non si potrebbe vagliare e opzionare un'alternativa più snella per il cittadino? Sia chiaro che tale iter burocratico non coinvolge solo l'entourage pistoiese bensì qualsiasi plesso ospedaliero italiano; all'atto pratico siamo sottoposti, legandoci mani e piedi, ad un protocollo fermo a 3 anni fa che per ragioni sconosciute al momento è orfano di revisione. Nessuna testa al Ministero ha ben pensato di rimetterci mano. Lo stesso personale sanitario è sottoposto a questo ricatto ministeriale ottuso e rigido che esclude a priori l'uso del buon senso, scomparso pure per l'utilizzo dell'aria condizionata all'interno dei plessi sanitari. Tutto centralizzato e dato in appalto all'esterno, per cui la temperatura all'interno di un giorno non può essere modificata dal personale il quale può armarsi di golfino o felpa per affrontare al meglio il freddo e il gelo...ma i pazienti no, i pazienti sono ignari di ciò che troveranno e dunque sono sottoposti all'intemperia per tutto il tempo di attesa e di visita. A loro la possibilità di compilare un "test di qualità dell'esperienza" nel quale far presente, nero su bianco, l'ibernazione alla quale sono stati sottoposti e per inciso a ben guardare, tale strutture in percentuale sono usufruite da persone non più giovanissime. Al di là dello spreco di denaro la riflessione amara e deludente che non è solo un problema di burocrazia che attanaglia il nostro paese bensì la morte civile del buon senso il quale si ritrova ingabbiato talvolta in sterili protocolli. Questa una semplice riflessione, rimane inalterato che la sanità italiana è ancora, benché se ne dica, invidiata dal resto di Europa.